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Maurizio racconta Trieste. Appuntamento con il caffè.

Residenza Le 6A ti offre un “capo in B” o “un nero” al Caffè San Marco!

Inizia oggi una nuova rubrica della Residenza Le 6A. Abbiamo chiesto a Maurizio Stagni, artista, designer, orafo e soprattutto fine conoscitore della nostra città di condividere con noi alcuni passaggi delle sue guide su Trieste. Impressioni di oggi e ricordi del passato per approfondire la conoscenza della città dal punto di vista di un triestino doc.

Cosa rappresenta il caffè per Trieste

Caffè, caffè, caffè: Trieste ne è piena e, diversamente dalle altre città, porta con sé un’esperienza profonda ed antica legata a questo prodotto.

Torrefazioni, magazzini, la borsa del caffè, l’università del caffè, fabbriche per ottenere il decaffeinato, associazioni di degustatori ed intenditori di caffè… Riporta una volta di più la natura germanica, latina e slava dei popoli che l’hanno fatta grande, città-porto che si manifestano nei nostri cento e più modi di degustarlo.

Capo o capo in B?

Qui a Trieste c’è chi beve il caffè in bicchiere (della stessa capienza di una tazzina) e chi in tazzina di ceramica -senza che ci sia poi una gran differenza tra i due recipienti e men che meno tra i due caffè-.

Il miglior addetto alla macchina in un qualsiasi bar di Padova o altrove in Italia, a Trieste resterebbe disoccupato per la difficoltà di star dietro alle pittoresche richieste dei triestini in materia di caffè.

Mia zia Anna ordinava “un capo chiaro, deca, con poca schiuma in b freddo con latte freddo a parte” che, tradotto, significava: un cappuccino con poco caffè, la schiuma ottenuta dal latte sottoposto al vapore messo sopra con movimento ondulatorio del polso doveva essere marginale rispetto al latte liquido non schiumato, il caffè doveva essere decaffeinato servito in un bicchiere freddo (controllava sempre attentamente che non fosse preso da quelli messi sopra la macchina del caffè a scaldare) e con latte freddo a parte. Il latte lei lo aggiungeva raggiunta la misura di mezzo bicchiere del capo deca.

Il rito della tostatura di una volta

La cottura del caffè era un rito che coincideva con la sospensione di qualunque attività in casa. Ora anche la nostra città ha perso questa abitudine, il caffè si acquista direttamente pronto e al massimo puoi odorare l’odore della tostatura nei pressi degli stabilimenti della Illy, storica azienda triestina dal prestigio internazionale.

Il macchinario necessario per la tostatura era el brustolin e veniva recuperato insieme al caffè verde e crudo. Consisteva in una padella di ferro nera, non tanto grande, chiusa da un coperchio con una paletta interna che girava a mano tramite una manovella. Il caffè veniva inserito nel brustolin, in una debita quantità determinata ormai dall’esperienza, tramite la finestrella posta sul coperchio che veniva poi aperta il meno possibile durante la cottura, per garantire la persistenza degli aromi dei chicchi e per controllarne la cottura.

Fumo caldo e profumo si impossessavano di casa, mentre in condominio e probabilmente anche per strada si dilatavano gli aromi delle fasi di tostatura. Lo stesso profumo si percepiva nelle giornate di tostatura delle tante torrefazioni in città, in caso di alta pressione poi l’aroma si diffondeva a livello strada: era un gran piacere per l’olfatto, tanto che in quei casi diventava non solo gusto ma anche voglia improvvisa di bere un buon caffè. Trovavo micro atmosfere di tostatura anche in autobus quando qualche passeggero si portava a casa il caffè macinato. La confezione fortunatamente non garantiva mai la tenuta stagna degli aromi del caffè surriscaldato nella macinazione, e quindi da bambino mi avvicinavo e annusavo profondamente e con gusto quel profumo proibito.

A casa in cucina, appena aperto il sacco, il caffè verde emanava dei residui odorosi per me interessanti perché lontani ma quasi sgradevoli che avevano un carattere amaro acido ed erbaceo. Ma presto le fragranze, chiuse nella padella calda, si trasformavano in profumo di caramello e burro poi cioccolato e poi di frutta secca e poi ancora pane tostato… E quasi sempre all’ultimo, purtroppo, in amarezza e sentori di bruciato!

Caffè San Marco. Visita il Caffè preferito da Residenza Le 6A

Ora che abbiamo parlato tanto di caffè non resta che andarsi a bere una tazzina. Consigli? Sicuramente lo storico Caffè San Marco, un luogo davvero speciale per noi, per questo abbiamo deciso di offrire agli ospiti che prenotano direttamente in struttura un caffè al tavolo in questo locale.

Residenza LE 6 A Trieste

Le 6 A – Le camere B&B

Ogni camera del nostro b&b ha un nome di donna che inizia per A: Annetta, Amalia, Angiolina, Ada, Alberta e Augusta. Sono i nomi delle protagoniste dei romanzi dello scrittore triestino Italo Svevo.
Camere b&b con angolo cottura

La Settima A- gli studio

Anna Livia, la nostra Settima A, è la protagonista di uno degli episodi di Finnegans Wake, l’ultimo romanzo di Joyce. L’autore si ispirò a Livia Veneziani, moglie di Italo Svevo. Giacomo, Nora, Stanislaus, Eileen, Sinico: ogni camera è un piccolo studio con angolo cottura e riconduce agli scritti di Joyce quando viveva a Trieste.