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Maurizio racconta Trieste. La Bora.

Maurizio Stagni disegno bora con coppia

Oggi parliamo di una delle celebrità di Trieste: la Bora. Questo nostro vento impetuoso che affascina e nello stesso tempo intimidisce perché ti fa perdere l’equilibrio e ti fa, ancora una volta, riconoscere la forza della natura. A parlarcene il nostro Maurizio Stagni, che non solo conosce a menadito la nostra città ma è il borofilo per eccellenza: così è stato infatti definito da Rino Lombardi, creatore del Museo della Bora.

La Bora come esperienza da vivere

Se n’è scritto tanto della bora e della triestinità, ma secondo me non è mai abbastanza. È un vento che alcuni considerano provinciale perché “molto locale” sebbene coinvolga un territorio che si estende alla Dalmazia con identica intensità. Certo non è il maestrale del tirreno ma noi triestini abbiamo questa caratteristica innata di dare per scontate le cose diverse che caratterizzano il nostro piccolo territorio.

La Bora per me è l’ultimo dei libri o dei film di avventure. Giulio Verne, Salgari, Stevenson, Melville … Poi Indiana Jones, I pirati dei Caraibi, La tempesta perfetta… Come queste storie ti rimangono per l’esperienza entusiasmante o inusuale vissuta così questa identica sensazione vale per la Bora.

Le grandi avventure sono ormai rare: è ormai un mondo inciso profondamente dai minuscoli reportage digitali per una clientela insaziabile d’avventure da salotto. Essere a Trieste in un giorno di Bora è invece vera avventura, che risponde pienamente alle caratteristiche della definizione da vocabolario: “un’impresa audace e rischiosa dall’esito incerto”.

Per riuscire a provare questa esperienza è solo una questione di pazienza: bisogna trovare le condizioni meteorologiche e di tempo disponibile per venire a Trieste ed entrare nel gioco di “Jumanji”, tirare i dadi uscendo di casa e vedere cosa succede e cosa si incontra.

Maurizio Statgni Bora diga Trieste

I luoghi della Bora

Nelle giornate di Bora ho un posto in particolare che amo e che uso per mangiare un panino, leggere, scrivere, disegnare e vedere, sentire la presenza della Bora mentre prendo il sole d’inverno; si tratta del lato sottovento della stazione Marittima, protetto ed esposto al sole del primo pomeriggio.

Poco più in là in fondo alla Sacchetta, un altro posto interessante, unico e con un’atmosfera austroungarica è il “Bagno alla Lanterna”. Per 1 euro ci si può mettere sottovento al muro bianco degli spogliatoi  della parte maschile o di quella femminile del “Pedocin”, così viene chiamato dai triestini l’unico stabilimento balneare attivo diviso tra maschi e femmine.

I topolini lungo la riviera di Barcola danno un rifugio dalla Bora, si può leggere riscaldandosi al sole mentre “fuori” si gela. Schiena alle pietre sottostanti il marciapiede si può ammirare la Bora mentre apre la mano fatta di vento dopo che il pugno sceso dalla ripida costiera raggiunge il mare e sottocosta lo increspa appena. Solo più in là, in direzione Venezia e in mare aperto, il verde, poi blu, si trasforma nel bianco delle creste dell’acqua mossa. Così non sembra più Bora ma un effetto straordinario della natura mancando completamente la percezione sulla pelle delle spinte del vento. Per tempo bisogna alzarsi e rientrare perché appena percorsi in salita i pochi gradini saremo di nuovo immersi nelle raffiche che sembravano sopite.

Maurizio Stagni Bora donna ombrello

Ci sono invece luoghi di Trieste dove la Bora si fa impetuosa, inarrestabile. I triestini li conoscono bene perché altrimenti rischiano di fare un bel capitombolo. Di solito sono punti in cui il nostro vento si incanala tra gli elementi naturali o tra i palazzi:

  • Piazza Ponterosso: la Bora, spalle al ponte, entra nella piazza da sinistra e si apre libera di sollevare, spingere, vorticare, trattenere. In una sola giornata negli anni quaranta sotto le raffiche di Bora scura – quella caratterizzata dalle precipitazioni – 3 persone finirono dritte all’ospedale.
  • Piazza Unità: lo spigolo del Palazzo della Regione è uno dei luoghi che offre la visione del mare che si insegue, si sovrappone, si spacca, risale in vortici e in creste polverizzate e vola sopra la superficie mossa dal pulviscolo salino. Su quel “canton” si può avere la percezione esatta di cosa è la Bora. Entra in piazza dopo il suo volo in direzione Est Nord Est e viene divisa da quell’angolo per percorrere piazza Unità in senso antiorario.
  • Piazza Vittorio Veneto:  uno dei punti sui quali una volta per primo si montavano le corde per reggersi. L’angolo con via Milano è il peggio del peggio.
  • Piazza Oberdan: le piazze sono il luogo prediletto dalla Bora. La direzione dal palazzo del Tribunale a scendere sarebbe quella più prevedibile ma non sempre è così… provare per credere.
  • Rotonda del Boschetto: tanto forte scende la bora da viale Raffaello Sanzio disposta perfettamente ad Est Nord Est che riuscì a far crollare la ciminiera della Dreher. Gli alberi di Bosco Farneto non possono fermare il vento che precipita dall’altipiano e scende verso città incanalato nel viale.
  • Largo Pestalozzi: uno dei punti più pericolosi dove attendere il bus nelle giornate di vento.
  • Molo Audace: alla base del molo c’è una piccola costruzione, lì ci si mette sottovento a guardare. Nelle giornate di Bora – e ancor di più di Bora scura – solo in parte il molo è percorribile. In cima qualcuno ha pensato di fare bene posizionando una bitta con un bassorilievo che riporta tutti i venti e le loro direzioni di incidenza al molo. Ho sempre pensato che quel bassorilievo fosse come la sacca dei venti di Eolo, quella che ha portato sfortuna all’equipaggio di Ulisse. Qui solo la Bora è raffigurata soffiante le guance gonfie e i vortici del vento che escono  dalla bocca smodatamente aperta. La Bora laggiù in cima, questo fa: soffiare o meglio “sufiar”, ma forte fortissimo.
  • Ferdinandeo – Largo Caduti di Nassiriya: l’ingegneria stradale sembra abbia disegnato qui uno scivolo alto 250 m verso la città aperto alla Bora: l’incrocio tra via Marchesetti e via San Pasquale forma un piazzale perfettamente in linea con la discesa del nostro vento. La Bora dopo il percorso rettilineo e indisturbato del Carso si tuffa dal primo salto carsico dilatata e amplificata dalla pendenza. Come già comprovato in questi luoghi aperti non c’è riparo al vento che soffia in turbini, circolarmente.

Museo della Bora

Una visita porta a scoprire un posto molto diverso dalle aspettative. Non c’è una biglietteria, non ci sono le teche con le spiegazioni ma c’è il vento, anzi c’è la Bora e ci sono i venti. Come puoi pensare di relegare un vento in un palazzo, una stanza, un museo? Se però ti fidi  lo puoi chiudere in una lattina, una scatola, un barattolo…una bottiglia. Rino Lombardi, creatore del Museo, oltre a raccontare la Bora con le cose che le appartengono – gli scritti, le immagini, le illustrazioni – è anche un collezionista di venti che gli arrivano da tutto il mondo. Qui puoi trovare il Mistral, lo scirocco siciliano con le sue sabbie, il Ghibli, una bottiglia di Maestrale o di Brezza dei Caraibi. Da sempre Rino insegue inseguito i refoli e dal 2004 li addomestica in questo insolito museo.

La forza della Bora descritta dai triestini

La bora è una presenza abituale nelle famiglie e quindi la scala dei valori non è quella ufficiale della forza del vento. Nessuno ti dirà a Trieste che il vento di Bora è forza 6 o 7 della scala Beaufort. Forse nei circoli nautici si userà di più esprimersi in nodi, che equivalgono a miglia orarie, ma comunque sarai sempre ben accetto se userai la scala mai codificata ed assolutamente empirica e variabile della “Boraprimadiusciredicasa”:

  1. Oggi xe giornatona con sto BORIGNOL.
  2. Xe BORIN, coverzite
  3. Ocio che stanote la gà sufià e gà fato BORA: sta tento!
  4. Ara che xe BORON, te devi prorio andar? Te vol che vado mi?
  5. Bon dei stemo a casa, fora xe BORA DE CAGARSE inutile che andemo a zercarsele se no gavemo niente de far e no xe dove andar. Anche de ciapar un copo -tegola- in testa no gò voia. Ara, no xe nisun per strada!
Residenza LE 6 A Trieste

Le 6 A – Le camere B&B

Ogni camera del nostro b&b ha un nome di donna che inizia per A: Annetta, Amalia, Angiolina, Ada, Alberta e Augusta. Sono i nomi delle protagoniste dei romanzi dello scrittore triestino Italo Svevo.
Camere b&b con angolo cottura

La Settima A- gli studio

Anna Livia, la nostra Settima A, è la protagonista di uno degli episodi di Finnegans Wake, l’ultimo romanzo di Joyce. L’autore si ispirò a Livia Veneziani, moglie di Italo Svevo. Giacomo, Nora, Stanislaus, Eileen, Sinico: ogni camera è un piccolo studio con angolo cottura e riconduce agli scritti di Joyce quando viveva a Trieste.